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Immagine del redattoreLuca Signori

The Umbrella Academy

Aggiornamento: 9 gen 2021


Disfunzionali, complicati, pazzi. Pazzi davvero. E, proprio per questo, bellissimi. Sono fatti così i protagonisti di “The Umbrella Academy”, acclamata serie tv Netflix basata all’omonima graphic novel di Gerald Way e Gabriel Bá.



Una serie che, per quanto sia irritante all’inizio, perché non fa capire né il senso né la direzione che intende dare alla narrazione, si riscatta col passare dei minuti quando sposta l’attenzione sull’approfondimento psicologico e sulla caratterizzazione dei personaggi. Certo, i temi dell’Apocalisse e del mondo da salvare ad ogni costo sono il leitmotiv di mille altre storie. Ma, in questa, c’è qualcosa di più, qualcosa di nuovo. Qualcosa che è sagace nell’irretire e stuzzicare la curiosità, coinvolgendo lo spettatore sempre di più. A partire dall’antefatto che introduce la serie.


Ottobre 1989: 43 donne nel mondo partoriscono altrettanti pargoli. Fin lì niente di strano, giusto? Peccato che le donne non siano in cinta fino al momento stesso del travaglio. Un fatto decisamente insolito che incuriosisce il milionario Reginald Hargreeves che adotta, comprandoli, 7 di questi bambini. Tanto per capirci: Hargreeves è uno di quegli uomini old style. Outfit impeccabile con monocolo e bombetta, egocentrismo a manetta e un carattere che dire ruvido è poco.


Fonda “The Umbrella Academy”, un’accademia che, per i bimbi, si trasforma presto in un inferno. Okay, sono dotati di poteri straordinari che vanno coltivati e instradati, ma sono sottoposti ad allenamenti durissimi. E, come se non bastasse, gli stress fisici e psicologici sono sempre più alienanti. Non c’è da stupirsi, quindi, se tutti e sette si allontanino sempre di più dalla loro casa (gestita da una donna robot e da una scimmia parlante) fino ad abbandonarla del tutto. Almeno fino a quando si viene a sapere che Reginald è morto. È la notizia, l’unica dopo anni, che riesce a scuoterli. Ed è di fatto lì, quando si riuniscono davanti alla tomba di Ben (l’unico dei ragazzi ad essere morto), che iniziamo davvero a capirci qualcosa.


Luther, numero 1, è un energumeno gigantesco dotato di una forza sovrumana. Segretamente innamorato di Allison e desideroso di tenere unita la famiglia nonostante tutto, è di ritorno da una missione lunare. Userà la sua stazza per farsi largo un po’ dappertutto. Saranno però il suo cuore tenero e la sua ingenuità a prevalere.


Diego, numero 2, è un vero ribelle. Muso duro con tutti, maestro nel lanciare coltelli, e conficcarli nel corpo di chi gli fa girare i cinque minuti. Anche lui piuttosto ingenuotto, è il più legato ai ricordi d’infanzia. Tenta di sventare l’omicidio del presidente Kennedy e si fa incastrare come un pivello proprio quando Cinque è riuscito a recuperare la valigetta per viaggiare nel tempo.


Poi ci sono Allison, numero 3, è la fashionista del gruppo, attrice divorziata e madre di una figlia. E Klaus, numero 4, il più stralunato e adorabile. Sono loro due, i miei preferiti.


Allison, oltre ad essere maledettamente bella (roba da innamorarsene proprio, eh), non si tira mai indietro quando c’è bisogno di lei e prova a ricucire rapporti sfilacciati. È troppo impulsiva, sottovaluta le situazioni e rischia di brutto. Comunque sono da urlo il ballo con Luther e la scena quando ustiona la mano del barista.


Per Klaus, invece, tanto love dall’inizio alla fine. Tossicodipendente, ubriaco, omosessuale, eclettico, narcisista e sempre sopra le righe. Non ascolta mai nessuno. Nemmeno per sbaglio. Figuriamoci Ben, numero sei, suo fratello defunto che gli sta accanto. E che condivide ogni sua trovata. Episodi che rivelano il super potere di Klaus: quello di vedere i defunti. Spettacolare anche quando diventa profeta dei Destiny's Children, una setta che richiama molto i figli dei fiori.


Cinque, invece, è l’unico dei sette a non avere un nome specifico. La sua condanna perenne? Quella di diventare grande/anziano pur rimanendo nel corpicino di un giovanotto. Personalità molto complessa e assassino invincibile, Cinque è il vero mattatore della serie. Viaggia spesso nel tempo e rimane intrappolato a lungo nel mondo del futuro, vedendone la distruzione. Qui incontra The Handler, capo della Commissione, spietata serpe che assolda sicari (prima Hazel e Cha-Cha, poi gli Svedesi) e controlla le sorti del tempo stravolgendolo a suo piacimento. Con lei ingaggerà una sfida all’ultimo sangue. In soldoni Cinque è schizofrenia allo stato puro e, se fosse bastardo fino in fondo, sarebbe disposto anche a uccidere i suoi fratelli quando non lo ascoltano, ma un briciolo di umanità ce l’ha anche lui. E infatti salva tutti dalla furia di Vanya. Come? Aprendo l’ennesimo portale temporale e spedendo i suoi fratelli indietro nel tempo, sparpagliandoli in un orizzonte temporale di una una manciata di anni, a partire dal 1960, a Dallas.


Infine Vanya, numero 7, la più emarginata, remissiva e introversa della compagine. Esclusa dalle foto ricordo di famiglia e da ogni dinamica domestica, vive da separata in casa. Imbottita di psicofarmaci, è da sempre convinta di non avere alcun potere fino a quando, una notte, riesce a produrre un’onda energetica devastante. Stupirà così, tutti, in modi che nemmeno lei si sarebbe minimamente immaginata (piccolo spoiler: quando suona il violino bianco è da sballo totale).


Ok, ora l’avete capito. Di elementi per vedere una serie con i fiocchi, ce ne sono a bizzeffe! E pensate: è in programma pure la terza stagione! Come si dice in questi casi. Ah, giusto: bene, bravi bis. Anzi no, tris! Oh yes!


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