Come ogni anno, anche nel 2021 ho rispettato una tradizione che porto avanti da diverso tempo: quella di guardare Schindler's List il 27 gennaio, data in cui si ricorda il Giorno della Memoria. La ricorrenza è stata istituita dalle Nazioni Unite per commemorare, appunto, la memoria di milioni di persone deportate e uccise nei campi di concentramento durante l’Olocausto e ricordare il 27 gennaio 1945, giorno in cui i russi dell’Armata Rossa liberarono Auschwitz ponendo fine, di fatto, al domino del nazismo, in Europa e nel mondo.
La storia la conosciamo più o meno tutti. È quella l’imprenditore tedesco Oskar Schindler e degli oltre 1100 ebrei che ha salvato da morte certa accogliendoli nella sua fabbrica di pentole e oggetti smaltati, a Cracovia, dopo aver corrotto molti degli ufficiali nazisti con tonnellate di Reichsmark, cesti alimentari e tanto, tantissimo savoir-faire.
Diretto da Steven Spielberg e vincitore di 7 Oscar, Schindler’s List è una (se non LA) pietra miliare del cinema d’autore su uno dei momenti più strazianti della storia dell’umanità: la Shoah. Tutto stupisce per intensità, pathos, simbolismo.
Dalla scelta di girare in bianco e nero (che Spielberg giustificò dicendo: «L'Olocausto fu vita senza luce. Per me il simbolo della vita è il colore. Per questo un film che parla dell'Olocausto deve essere in bianco e nero») al sadismo di Amon Göth, SS-Hauptsturmführer e comandante del campo di concentramento di Płaszów.
Dalle indicibili violenze delle camere a gas, dei forni crematori e delle esecuzioni sommarie nel del ghetto di Varsavia alla sontuosa colonna sonora (che, infatti, ha vinto un Oscar, un BAFTA e un BMI Film Music Award).
Dalle scene che vedono coinvolti i più piccoli (quella in cui i bambini si rifugiano nei bagni e la celeberrima bambina con il cappotto rosso) alla speranza che germoglia alla fine, quando le nuove generazioni della “Jerusalem of Gold” appaiono all’orizzonte.
Tuttavia Schindler’s List non è presente nel catalogo Netflix. Corretta osservazione. “Perché, allora, lo recensisci?” - vi chiederete. Domanda legittima alla quale vi rispondo subito. Oggi faccio un’eccezione, uno strappo alla regola.
Recensisco Schindler's List perché piango. Piango, puntualmente, ogni volta. che lo vedo. È l’unico film che mi scuote così tanto.
Perché è l’unico che scava così avidamente in profondità. Senza sosta e negli anfratti più reconditi della mia anima.
Perché, ogni volta che lo vedo, sono sempre più convinto che un film di questa portata trascenda ogni cosa. Così come sono convinto che i significati che si porta dietro, e dentro, debbano essere conosciuti, analizzati, interiorizzati.
Schindler’s List è un momento intimo, di raccoglimento, di preghiera.
Schindler’s List è tante cose messe assieme. Vuol dire guardarsi dentro, scoprire che un’esame di coscienza in più, ogni tanto, poi così male non fa. Vuol dire soffrire, resistere, lottare. Per la cosa che pensiamo possa essere più microscopica e quella che, invece, ci sembra irraggiungibile. Vuol dire perdonare. Come? Sì, vuol dire -anche- perdonare. Anche quando è tutto insensato, follia o morte.
Tutte queste cose bisogna sentirsele sulla pelle, portarsele addosso per tutta la vita. Dobbiamo parlarne ogni anno, ascoltare le testimonianze di chi ha vissuto quell’inferno, leggere libri, articoli (on line e non). Dobbiamo approfondire sempre, raccontare tutto alle giovani generazioni e a quanta più gente possibile.
Penso quindi che guardare Schindler’s List oggi (ma anche in qualsiasi altro giorno dell’anno) sia un esercizio, interiore e necessario, per tutti. Certo, per tendere l’orecchio a quegli echi sconvolgenti che ci sembrano così lontani e invece hanno poco più di 75 anni, ma soprattutto per fare il possibile affinché certi abominevoli orrori non si ripetano mai più.
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