Otto Emmy Awards, tre Golden Globe, investimenti astronomici per renderla memorabile e giudizi unanimi della critica, che la promuove a pieni voti. Sì, The Crown è indubbiamente una delle serie più importanti di Netflix. Autentica manna per gli amanti del genere storico e della cultura british, è incentrata sulla storia della regina Elisabetta II, dal giorno della sua ascesa al trono (nel lontano 1952) fino agli anni a ridosso del 2000. The Crown parte lenta e lenticolare (alcune sequenze sono davvero lunghissime) ma comunque stupisce alla distanza. Sia per spessore che per dovizia dei particolari, alcuni davvero sontuosi. Ogni evento, anche il più piccolo e apparentemente didascalico, è sviscerato in maniera puntuale.
Tratteggiati alla grande anche tutti i personaggi (e qui si vede, eccome, il gran lavoro di Peter Morgan). Sicuramente la regina, titubante all’esordio poi sempre più austera e capace sia nel reprimere desideri, libertà e malumori (che affiorano a più riprese nel corso delle 4 stagioni) per preservare l’integrità del regno. Regina Elisabetta che si dimostra esemplare nell’affrontare il valzer di Primi Ministri sempre più istrionici: lo scorbutico Winston Churchill, l’individualista Anthony Eden, il composto Harold Wilson e l’imperturbabile “iron lady” Margaret Thatcher, quella che le darà più filo da torcere.
Interpretati molto bene anche gli eterni secondi: il marito Filippo, ironico e sportivo (interpretato da Matt Smith nelle prime due stagioni e da Tobias Menzies nelle restanti due) che fa fatica ad accettare il ruolo di comprimario e la principessa Margaret (Vanessa Kirby nelle stagioni 1 e 2 e Helena Bonham Carter nelle stagioni 3 e 4), sorella ribelle della regina che non la smette di affoga dispiaceri di cuore nell’alcol e nel fumo.
Una nota la meritano anche Edoardo, re per nemmeno un anno, additato (e mai perdonato) per aver deciso di abdicare e il principe Carlo, colui che, più di tutti, subisce le decisioni dell’intransigente famiglia reale. Qualche esempio? Gli istituti che dovrà frequentare e la relazione con la scintillante Diana, sfociata poi in un matrimonio combinato e mai digerito.
C’è solo una piccola scelta che non mi sento di condividere: quella di cambiare, dalla seconda alla terza stagione, gli interpreti dei personaggi principali. Tuttavia non mi sento di condannare totalmente regista e produttori. E’ stato una decisione giustificato dalla una scelta precisa: quella di scegliere interpreti più giovani per i primi anni del regno e interpreti più “attempati” per gli anni del consolidamento del regno elisabettiano.
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