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Immagine del redattoreLuca Signori

BLACK SPOT


BLACK SPOT è una serie bella tosta.


Personaggi strani, fotografia sensazionale, colonne sonore azzeccate e un bel po' di micro-storie incastrate una dentro l'altra che fanno perdere la trebisonda. Elementi che, poco alla volta, complicano la narrazione e i suoi significati, trasformandola in un qualcosa di ancestrale, mitologico, soprannaturale e, soprattutto, psicologico.


Mix orchestrato però in maniera esemplare senza che nessuno di questi fattori prenda mai il sopravvento. Il risultato? Ansia a mille in una selva irta di alberi, e di dubbi, che tiene in tensione fin dall'inizio. Fin da quando vediamo il cartello stradale che indica Villefranche, la zona bianca dove la connessione va a malapena e i cellulari non hanno segnale. Un luogo davvero tetro: atmosfere perennemente cupe, nebbie che avvolgono anime e paesaggio, pioggia battente un giorno sì e l'altro pure e un numero elevato di omicidi che non accennano a diminuire.


E proprio su questo indaga l'irriducibile Laurène Weiss, capo della polizia, affiancata dal tenero Nounours e, presto, anche da Frank Sirianni, un eclettico procuratore. Omicidi ai quali si aggiungono una valanga di episodi che rendono tutto affascinante, d'accordo, ma anche parecchio indecifrabile. In ordine sparso: i misteri nel passato dell'ispettore capo, il suo dito mozzato, sparizioni e morti violente di giovani, i corvi appollaiati sul davanzale della Gendarmerie, il dio Cernunnus e gli inquietanti rumori della foresta, gli atti vandalici dei figli di Arduin, gli intrighi del sindaco Steiner (che, detto fuori dai denti, sembra tutto fuorché un sindaco) senza dimenticarsi dei colpi di scena continui e di un finale di stagione che lascia aperti molti interrogativi. Insomma: ora ci vuole la terza stagione. Non farla sarebbe davvero un delitto....l'ennesimo!


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